Questo bel ritratto raffigura una giovane donna di profilo seduta con composta eleganza in un interno impreziosito da un vaso di calle. la donna guarda con intensa concentrazione verso una fonte di luce (presumibilmente una finestra), come se fosse chiusa nei propri pensieri – o, meglio, speranze o premonizioni del futuro – e indifferente a quanto la circonda. Qui si nota poco o nulla, in senso figurativo, del suo maestro Grosso, quanto piuttosto emerge un rigore formale che sa un po’ di ‘ritorno all’ordine’ ma sembra anche partecipe in qualche modo dell’austera visione casoratiana.
Evangelina Alciati fu l’unica donna ammessa a seguire i corsi dell’accademia albertina nel 1899 (ma nel 1897-98 erano iscritte ai corsi solo 35 donne contro 171 uomini, cfr. a. dragone, Le arti visive, in Torino città viva. Da capitale a metropoli 1880-1980. Cento anni di vita cittadina. Politica, economia, società, cultura, a cura di mario abrate, centro Studi Piemontesi, torino, 1980, p. 563), e fu curiosamente voluta proprio da Giacomo Grosso, di cui sono ben note le profonde diffidenze nei confronti delle donne artiste. Fu la prima a conseguire il diploma di professoressa di disegno e pittura.
Era di carattere deciso e indipendente, come ricorda l’amica carola Prosperi in una vivace nota biografica (“conobbi Evangelina Alciati alla Scuola Femminile Domenico Berti, dove si studiava per diventare maestre… Era piccola di statura e graziosa, ma non fragile, seb bene avesse mani e piedi piccolissimi… Aveva i capelli fini come seta, di un castano bruno, molto
lisci, e una ciocca le cadeva sempre sulla fronte… Portava la gonna e la camicetta come tutte noi, ma metteva spesso sotto il colletto la cravatta alla Vallière, come portavano allora gli allievi
pittori, quelli che chiamavano bohémien….”). l’artista divenne celebre già dai primi anni di carriera e almeno fino alla fine degli anni ’30, come dimostra la personale di una quindicina di dipinti all’interno della ii esposizione internazionale femminile di belle arti tenutasi a torino (Parco del Valentino) nel 1913, che la consacrò definitivamente (cfr. F. lombardi, L’Esposizione Internazionale Femminile di Belle Arti (Torino, 1910-1911; 1913).
Note su genere, arte e professione in Italia all’inizio del XX secolo, artl@s bulletin8, no. 1 (2019): article 2, pp. 47-49). dopo un giovanile soggiorno a Parigi, più che seguire l’imprinting di Grosso, si accostò gradualmente alla Secessione romana, in particolare a Spadini, di cui fu amica, come di Ferrazzi, boldini e altri, esponendo più volte nella capitale in importanti mostre.
08/03/2023